Morto un Papa, se ne fa un altro. Ma morto un Guglielmo Marconi, che si fa? Nulla. Un degno erede non c’è, non ci potrà mai essere. Ed è giusto così. Perchè se è vero che tutti sono importanti e nessuno è indispensabile, è altrettanto vero che qualcuno è insostituibile. A differenza dei nostri smartphone, che possono essere cambiati in ogni circostanza. Marca più, marca meno. Ma senza Guglielmo Marconi, il telefonino neanche sapremmo che cosa sia.
A testimoniarne la statura, le cronache dell’epoca finite di diritto nei libri di storia. Il 20 luglio 1937, giorno della sua morte, le stazioni radio di tutto il mondo interruppero contemporaneamente le trasmissioni per due minuti Il Times, il giorno dopo, lo definì “l’uomo più influente della sua epoca“. E chissà, forse anche di quelle successive.
“Io sono un inventore, i libri li riscrivo”
“Io non sono uno studente universitario, che si fida dei libri. Io sono un inventore, e quei libri li riscrivo”. E’ in questa citazione che si può racchiudere la vita di Guglielmo Marconi, padre della radio e del telegrafo senza fili. Una vita fuori dagli schemi, nonostante fosse un uomo schivo.
Marconi il Pianeta l’ha cambiato, anzi l’ha connesso. Ha ridotto le distanze allo zero, tramite l’utilizzo delle onde elettromagnetiche per inviare segnali a distanza. E non c’è oceano che tenga. Osò sfidare le menti illustri dell’epoca, che sostenevano l’impossibilità di ciò che Marconi poi scoprì. Un mix di follia, sfacciataggine e genialità. E la storia, però, ha dato ragione a lui.
Marconi – L’uomo che ha connesso il mondo: la recensione
Raccontare la sua vita, è complicato. Lucio Pellegrini ci ha provato, ma a suo modo. Si è preso tutte le libertà narrative del caso, senza l’obiettivo di farne un documentario storico. Chi si aspetta questo da “Marconi – L’uomo che ha connesso il mondo“, fiction di 4 puntate disponibile su RaiPlay, rimarrà deluso. Intendiamoci: molte cose sono vere, altre ispirate a fatti realmente accaduti. Ma non è un documentario, nè vuole esserlo.
Lucio Pellegrini mette in luce il Marconi uomo (interpretato da Stefano Accorsi). Come tutti i grandi geni italiani, deve infatti fare i conti con le solite difficoltà tipiche della Ricerca nostrana, allora come oggi. Dal 1874, anno della sua nascita, fino ad oggi, non è cambiato nulla o comunque poco: continui tagli ai fondi destinati all’Università e Ricerca, le istituzioni che ti chiudono la porta in faccia perchè preferiscono l’usato sicuro piuttosto che l’innovazione, menti brillanti costrette ad emigrare all’estero in cerca di fortuna. Insomma tutti parlano di scienza, ma quando arriva il momento di mettere i soldi sul piatto, cambiano le carte in tavola. Ed anche il visionario Marconi fu vittima di questa mentalità miope.
Già, perchè tutti sanno che Marconi inventò la radio, ma quasi nessuno sa che tentò di presentare la propria invenzione a quelle che allora erano le regie Poste Italiane. Risultato? “Grazie dell’offerta, non c’interessa”. Porte chiuse in faccia, senza colpo ferire. Desideroso di rendere l’Italia la Patria della radiocomunicazione, fu invece costretto a chiudere baracca e burattini e trasferirsi in Inghilterra, che lo accolse a braccia aperte nonostante non fosse nemmeno laureato (e mai lo sarebbe stato). Come Cristoforo Colombo che dovette farsi finanziare dalla corona di Spagna, Marconi chiese ed ottenne il sostegno da parte degli inglesi, “abbandonato” dal suo Paese. In Inghilterra, nel 1897, fondò Marconi Company (fu anche un abile imprenditore), che fu tra le compagnie di telecomunicazioni che fondarono la Bbc. Insomma, la metà basta.
“Ho fatto del bene al mondo o ho creato una minaccia?”
In Italia però ci tornerà. Accolto con tutti gli onori del caso, nel 1914 venne nominato senatore del Regno d’Italia. Venne successivamente nominato presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche nel 1927 e della Regia Accademia d’Italia (l’attuale Accademia Nazionale dei Lincei) il 19 settembre 1930. Insomma, il regime fascista lo nominò capo della Ricerca in Italia. Mussolini però, più che alle scoperte di Marconi, era più interessato all’uso che ne avrebbe potuto fare a scopi propagandistici e militari.
Secondo una leggenda metropolitana dell’epoca, avallata da indiscrezioni giornalistiche, Marconi sarebbe riuscito a costruire un’arma segreta (finanziata dal Duce), che attraverso un raggio misterioso avrebbe potuto bloccare e distruggere a distanza qualsiasi mezzo a motore. L’ipotetica arma prese il nome di “Raggio della Morte“. Tuttavia, non esiste nessuna prova, nè tanto meno conferma, a sostegno di questa bizzarra tesi.
L’unica testimonianza al riguardo si trova in un libro di memorie del 1973 scritto da Rachele Mussolini, moglie del Duce, la quale affermò di avere assistito nel giugno 1937 a una dimostrazione in cui venivano improvvisamente bloccati i motori delle automobili da una forza misteriosa. Secondo una delle varie voci (mai dimostrate) Marconi avrebbe realizzato un prototipo del dispositivo ma subito dopo distrutto i progetti, preoccupato per le conseguenze di un suo potenziale sfruttamento bellico, dopo avere avuto un colloquio personale con Papa Pio XI l’anno successivo lo scienziato sarebbe morto.
Le notizie su una tale arma non furono mai ufficialmente confermate né smentite dal governo italiano o dalla stampa, ma si ritiene che contemporaneamente tali voci fossero segretamente diffuse dall’Ovra (la polizia politica fascista) a scopo di propaganda, quale esempio di arma segreta che il regime fascista avrebbe potuto mettere in campo per assicurarsi la vittoria in guerra. Il Raggio della Morte di Marconi, come anticipato, è tuttora considerato una leggenda metropolitana, che periodicamente viene rispolverata, ovviamente. sempre senza alcuna prova.
Il rapporto di Marconi e Mussolini è ancora oggi di difficile analisi. Se da una parte lo scienziato si dichiarò pubblicamente fascista (“Rivendico l’onore di essere stato in radiotelegrafia il primo fascista” disse), il suo rapporto col Duce era molto difficile. A più riprese, Marconi chiese a Mussolini di evitare a tutti i costi la guerra con l’Inghilterra, che era di fatto la sua seconda patria. Come noto fallì nel suo intento, anche perchè morì alla vigilia proprio di un incontro con il Duce. Oltre a ciò, va sottolineato come intellettuali, scienziati e via discorrendo, erano costrette a prendersi la tessera del Partito Nazionale Fascista per poter continuare a lavorare.
Inoltre, visto l’uso nella propaganda di guerra che i regimi fascisti e totalitari fecero della radio, pare che Marconi abbia detto della sua invenzione: “Ho fatto del bene al mondo o ho aggiunto una minaccia?”
Chi è veramente Isabelle Gordon?
Come la maggior parte dei “geni incompresi”, come la figlia 94enne Elettra lo ha definito pochi giorni fa, Marconi dovette fare i conti con la solitudine, ed il regista lo mette in risalto. Viveva a bordo della nave Elettra, insieme alla seconda moglie Maria Cristina e la figlia, anch’ella di nome Elettra. Lì, Marconi faceva tutto. Stava con la sua famiglia, a cui era legatissimo, e conduceva i suoi lavori ed esperimenti. Ossessionato dal suo laboratorio segreto dove nessuno poteva entrare. Si isolò, come fosse un’isola deserta. Era un uomo riservato, schivo, introspettivo. A differenza di altri grandi personaggi della storia, famosi per il loro carattere fuori dalle righe e volto alla ricerca di novità e trasgressione, lui adottò questa strada.
La serie è incentrata sul suo rapporto con Isabella Gordon (interpretata da Ludovica Martina), una giornalista italo-americana, disposta a qualunque cosa pur d’intervistare l’uomo più famoso del mondo. Anche a scendere a patti con il regime, che di fatto la usa come infiltrata per scoprire a cosa sta lavorando. Il Duce è ansioso di un’arma potente per spaventare i suoi nemici. Dopo un’iniziale diffidenza, Marconi decide di concedere l’intervista alla giovane giornalista in rampa di lancia, senza tuttavia sapere che era stata lì dal ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai. Obiettivo: spiarlo.
La Gordon non è mai esistita nella realtà. La sua figura, tuttavia, è ispirata a quella di un’altra giornalista di sangue italo-americana, Lisa Sergio, che nel 1937 venne aiutata da Marconi a fuggire negli Stati Uniti. Quindi, pur non essendo un vero personaggio storico, Isabella Gordon è fondamentale per capire il carattere dello scienziato bolognese. Si tratta di una finezza di Lucio Pellegrino, che riesce a dare alla fiction un ritmo movimentato, che incarna continui dubbi negli spettatori, affascinati dalla figura di Accorsi che in ruoli come questo calza a pennello. Insomma, raccontare “L’uomo che ha connesso il mondo” è un’impresa ardua. E tranne qualche cosa rivedibile (Fortunato Cerlino, interprete di Mussolini, ricorda ben poco il Duce fisicamente), l’idea è andata in porto. (Foto: Rai Ufficio Stampa).