Roma, 28 gennaio 2025 – Sara (nome di fantasia) in seguito a un’infezione da Covid-19, notando un peggioramento delle sue condizioni respiratorie, già non proprio brillanti per una 35enne (affanno soprattutto da sforzo, dolore nella parte sinistra del torace, tosse secca stizzosa da tempo), si sottopone a una radiografia del torace. E il referto lascia tutti di stucco. “La giovane donna – ricorda la dottoressa Maria Letizia Vita, dirigente medico presso la UOC di Chirurgia Toracica del Policlinico Gemelli, docente presso la Scuola di Specializzazione di Chirurgia Toracica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – presentava una massa molto voluminosa, che occupava tutta la parte centrale (mediastino) e la metà sinistra del torace. Viene subito richiesto un approfondimento TAC che pone il sospetto di una grande neoplasia del timo, cioè di un timoma, confermato da una biopsia chirurgica”. Il timo è un piccolo organo del sistema immunitario implicato nella produzione dei linfociti T; presente in età infantile, di norma si atrofizza con la crescita. ll timoma è un tumore del timo, che tipicamente insorge in età adulta, tra i 40-70 anni, mentre è raro nei bambini. Le sue cause e i suoi fattori di rischio sono ancora sconosciuti. In genere questo tumore si presenta incapsulato e cresce lentamente; può però diventare invasivo (invadendo la pleura o i polmoni) e dare metastasi ai linfonodi regionali o in altre sedi a distanza.
Sara comincia a consultare oncologi in giro per l’Italia; tutti escludono l’intervento chirurgico viste le dimensioni del tumore; la giovane donna si affida alla fine a un centro di Roma, dove viene sottoposta a cicli di chemioterapia e di radioterapia. Purtroppo, senza un reale miglioramento, al punto che gli oncologi le comunicano la necessità di interrompere quel trattamento che non aveva dato i risultati sperati. Ma Sara, che è mamma di un bel bambino di 10 anni, non si dà per vinta e riprende a consultare chirurghi in giro per l’Italia. Finché approda al Gemelli. “Il suo era un caso davvero molto complesso – commenta la dottoressa Vita – perché il timoma, delle dimensioni di un’anguria era fortemente adeso al polmone sinistro, al pericardio (il ‘sacchetto’ che riveste il cuore) e ai grandi vasi toracici (arco dell’aorta, vene polmonari)”. Il gruppo della chirurgia toracica del professor Stefano Margaritora discute l’eventuale intervento insieme all’équipe di cardiochirurgia, diretta dal professor Massimo Massetti, per un accurato planning pre-operatorio. Alla fine, si decide di tentare l’operazione, gravata di rischi elevati. Verrà effettuata presso la sala operatoria di cardiochirurgia, assistita per la parte anestesiologica dal dottor Michele Corrado della UOC di Cardioanestesia e Terapia Intensiva,nell’eventualità che si renda necessario mettere la giovane in circolazione extra-corporea.
“La massa di Sara occupava completamente l’emitorace sinistro, era fortemente adesa alla pleura parietale e inglobava l’atrio sinistro con le vene polmonari e l’arco aortico, Il polmone sinistro era completamente escluso e la massa comprimeva il cuore – ricorda il professor Stefano Margaritora, Ordinario di Chirurgia Toracica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore della UOC di Chirurgia Toracica di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS -. Per l’estensione della neoplasia siamo dovuti ricorrere all’approccio chirurgico riservato agli interventi di cardiochirurgia maggiore, cioè attraverso una sterno- toracotomia sinistra. L’intervento è durato oltre 6 ore. Il recupero post-operatorio della paziente è stato eccellente”. “Qui al Gemelli – commenta Sara al risveglio dall’intervento – sono nata due volte: la prima 35 anni fa (la giovane è nata al Gemelli, ndr), la seconda oggi”.
Quello di Sara è stato realmente un intervento ‘ultima spiaggia’, effettuato all’indomani dell’interruzione delle terapie oncologiche. “Ma trattandosi di una paziente giovane – commenta il professor Margaritora – dopo aver illustrato chiaramente il rischio chirurgico (molto elevato sia nel corso dell’intervento, che nel post-operatorio) alla paziente e ai suoi genitori, abbiamo deciso di effettuarlo. Un intervento di questa complessità è possibile solo in una struttura come il Gemelli, che offre tutte le specialità e le possibilità di tecniche e tattiche chirurgiche esistenti. Affrontare questo intervento con i colleghi cardiochirurghi nelle sale operatorie di cardiochirurgia, con la possibilità di mettere la paziente in circolazione extra-corporea, di attuare tutte le manovre di cardio-anestesia salva-vita, di mettere in atto tutte le tecniche di recupero di sangue intraoperatorio (alla fine la ragazza farà solo due trasfusioni per un intervento di questa complessità), hanno reso questo intervento complesso e radicale molto più sicuro per il paziente”.
“Dal nostro punto di vista – afferma il dottor Mauro Iafrancesco, dirigente medico presso la UOC di Cardiochirurgia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS – la difficoltà principale è stata quella di scollare la parete del cuore dal pericardio per avere accesso ai vasi polmonari e consentire ai colleghi della chirurgia toracica di effettuare la resezione del polmone sinistro, chiudendo sia il bronco corrispondente che i vasi polmonari. Il tumore, pur non filtrante, era fortemente adeso a tutta la parete toracica, al pericardio e a tutta l’aorta toracica in particolare a livello dell’arco aortico. È stato necessario liberare tutto l’emitorace sinistro per eliminare questa neoplasia così voluminosa”.
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