Il sistema delle comunità di recupero e dei Dipartimenti di Salute Mentale (Dsm) in Italia è in una crisi profonda. Non si tratta solo di risorse economiche insufficienti, ma di un approccio fallimentare che lascia i più fragili senza un vero supporto per ricostruire le proprie vite.
Comunità di recupero: più parcheggio che rinascita
Le strutture di recupero oggi, in molti casi, assomigliano più a parcheggi che a luoghi di rinascita. Persone che combattono contro dipendenze e disagi psichici, così come le famiglie, ripongono speranze in queste comunità, ma troppo spesso ciò che viene offerto è un programma sterile e limitato a pochi colloqui psicologici. Il risultato è un’attesa passiva, senza strumenti concreti per risalire la china.
Mancanza di programmi strutturati
Non è solo una questione di fondi economici, anche se il denaro è un fattore. Il vero problema è l’assenza di programmi strutturati per ricostruire una vita. Molti centri non sono attrezzati per affrontare la complessità della psiche umana. Non basta offrire un tetto e qualche seduta di terapia per risolvere problemi radicati nella sofferenza.
Presa in carico e mancanza di personalizzazione
Un altro aspetto critico è il sistema di presa in carico. Non si cerca la comunità “giusta” per la persona in difficoltà, ma semplicemente una comunità che sia disposta ad accettarla. Questa logica crea un sistema inefficace, dove il vero obiettivo diventa semplicemente riempire letti, perdendo di vista le esigenze individuali.
Dipartimenti di salute mentale in stato di abbandono
Il problema si estende anche al sistema di salute mentale nel suo complesso. I Dsm si trovano in uno stato di abbandono, rispecchiando le stesse difficoltà delle comunità di recupero. Circa 2 milioni di persone che dovrebbero essere seguite dai Dsm non ricevono assistenza adeguata. Questo non è solo un problema di risorse economiche, ma anche di coordinamento tra servizi psichiatrici, centri per disabili adulti e Serd (Servizi per le Dipendenze), che non comunicano tra loro.
Mancanza di fondi e personale
Il disagio psichico è in costante crescita, ma i fondi destinati alla salute mentale sono gravemente insufficienti. Sarebbero necessari almeno 2 miliardi di euro in più per garantire i livelli minimi di assistenza, ma attualmente la spesa rappresenta solo il 2,5% del Fondo sanitario nazionale. Le strutture sono sottodimensionate e gli operatori del settore sono il 30% in meno rispetto agli standard minimi richiesti.
Serve una visione strategica a lungo termine
La salute mentale richiede investimenti economici e umani, ma soprattutto una visione strategica a lungo termine. È fondamentale creare un piano che metta al centro la persona e non solo la cura del sintomo. Le comunità di recupero devono fornire programmi veri e mirati, non solo parcheggi temporanei. Una rete di servizi che dialoghi e coordini le proprie azioni è essenziale per garantire un’efficace riabilitazione.