10 marzo 2025- Abbiamo incontrato monsignor Tommaso Stenico, autore di numerose opere, in occasione della pubblicazione del suo ultimo volume che ha per titolo: Catechisti, identità e ministero.
Monsignore, ancora un’opera importante?
Sono tornato al mio primo amore, la mia passione teologica e pastorale: lavocazione, l’identità, il ministero e la formazione dei catechisti. Ho dedicato tutta la mia vita a questo settore della teologia pastorale spendendo ogni energia per formare catechisti degni di questo antico ministero.
C’è un’occasione speciale che l’ha sollecitata a questa nuova fatica?
Premetto che per me parlare e scrivere di catechesi e di catechisti non è una fatica, ma una vera passione. In verità l’occasione c’è. Infatti nei giorni 26-28 settembre prossimi si celebrerà a Roma il Giubileo dei Catechisti di tutto il mondo. Mi sono domandato: quale occasione migliore perché i catechisti riflettano sulla figura, sulla identità del catechista nella Chiesa e sulla sua formazione?
Come presenterebbe in estrema sintesi questo volume?
Va da sé che il libro debba giungere nelle mani dei catechisti e che essi lo meditino. Anticipo solo che non si tratta di un manuale o un trattato di catechetica, ma uno strumento semplice, attraverso il quale auspicare la presenza dei catechisti nelle nostre comunità, rinnovare l’identità del catechista, insistere sulla loro formazione indispensabile.
Qual è la situazione dei nostri catechisti in Italia?
Premesso che l’Italia è uno stivale assai lungo e che le situazioni posso essere molto variegate sono tuttavia che al momento le comunità cristiane contano su pochi catechisti e catechisti improvvisati e assai poco preparati. Al contrario, a fronte del momento attuale che la nostra società sta vivendo, occorrerebbe poter contare su una forte presenza di ministri laici della catechesi nella Chiesa.
Fin dalle prime batture lei insiste molto sulla necessità della formazione
Grazie per aver colto questo aspetto. In verità è da sempre il mio cruccio. Vede: dopo la primavera degli anni settanta/ottanta in cui la catechesi aveva guadagnato una posizione di tutto rilievo sia come catechesi, a livello di catechisti, sia a livello di catechismi, l’inizio del nuovo millennio ha marchiato negativamente la catechesi rendendola “la cenerentola della pastorale”.
Può essere più esplicito?
Senza nessuna difficoltà. Il ministero del catechista è quello dell’educazione alla fede soprattutto nei confronti delle giovani generazione. Mi sembra di poter dire che le lacune vistose e constatabilissime sono almeno tre.
La prima è legata alla precarietà e alla provvisorietà dei nostri catechisti. Il parroco prende una mamma perché ha il figlio – per esempio – che fa la prima comunione, e la prega di occuparsi della catechesi della classe frequentata dal figlio. La domanda è tremenda: con quale preparazione? Che ne sa quella mamma della natura, dei compiti, delle finalità della catechesi? Non intendo infierire! ma la logica fà dire che quella mamma è priva di ogni elemento base per una idonea catechesi che ha quale obiettivo principale quello di mettere in contatto il catechizzando con Gesù.
La seconda è data dal fatto che la nostra pseudo catechesi è assolutamente finalizzata ai sacramenti della prima comunione e della cresima. Ossia: si fa catechesi per essere ammessi alla prima comunione e alla cresima. Questo è un errore gravissimo per la nostra catechesi. È pur vero che nessun sacramento può essere conferito senza una previa e pertinente catechesi, ma è altrettanto vero che la catechesi non è finalizzata alla recezione dei sacramenti. Scopo ultimo della catechesi è quello di mettere in contatto, in unione intima qualcuno con Gesù Cristo. La catechesi è per natura sua organica, sistematica permanete, per tutte le età. Questa prassi non ha mai consentito una vera e propria catechesi destinata ai giovani né tanto meno agli adulti. Con la conseguenza che la stragrande maggioranza dei giovani e degli adulti sono analfabeti nella fede.
Più che lacuna, la definirei una lampante constatazione. Cercherò di non lasciarmi prendere dallo sconforto e mi limiterò a presentare i fatti. Partiamo da un dato. Nel nostro bel Paese circa l’80% dei fanciulli e dei ragazzi frequenta le nostre parrocchie per la catechesi in preparazione alla prima comunione e alla cresima. Normalmente la cadenza degli incontri è uno a settimana per 2 anni per essere ammessi alla prima comunione e una volta alla settimana per due anni per la preparazione alla cresima. Orbene: qualcuno mi sa dare una risposta plausibile perché la domenica dopo aver ricevuto la prima comunione più del 90% di quei fanciulli non va nemmeno neppure a messa e la festa della cresima diventa la festa dell’addio poiché gli adolescenti spariscono dalla parrocchia? Insomma un generale esodo del dopo Cresima!
Lei se ne è fatto una idea?
Non è difficile situare il fenomeno in quello più cogente del nostro tempo che pone nuove sfide alla azione evangelizzatrice. Una delle sue caratteristiche più pronunciate è la diffusione di un fenomeno relativamente nuovo: ampi settori della nostra società fanno praticamente a meno di Dio e sono incuranti della salvezza eterna, raggiungono forme di vita in cui l’uomo perde la capacità di interrogarsi sull’origine e sul significato ultimo vita.Infatti nel nostro mondo sono forti i fermenti di apostasia e di indifferenza religiosa. Ma – e nessuno me ne voglia (non è una accusa). Una cosa occorre affermare senza tentennamenti: le nostre catechesi non incidono più; i nostri incontri catechistici non convertono il cuore. Probabilmente il sistema di iniziazione cristiana tradizionale mostra inesorabilmente la sua insufficienza rispetto al compito di iniziare alla fede le nuove generazioni. Non si può rimanere estranei a questa emorragia di ragazzi che se ne vanno e non si sa se e quando vi faranno ritorno. Mancano veri catechisti (identità e vocazione). Le persone prestate alla catechesi, pur generose, non sono preparate. I fanciulli e i ragazzi “annusano” rapidamente che il loro catechista non è all’altezza del ruolo e del ministero; e, soprattutto nei piccoli paesi dove tutti o quasi si conosco, constatano che il loro catechista non è proprio così credibile quanto a testimonianza di vita cristiana.
In questo volume sono esposte poche cose ma indispensabili. È incontrovertibile che la Chiesa si trovi oggi di fronte non tanto a un cambiamento di epoca quanto a un’epoca di cambiamenti. Ma proprio per questo è doveroso ripensare a una nuova tappa della evangelizzazione affidata a catechisti disponibili e preparati. Catechisti, uomini e donne, giovani e adulti, per vocazione non precari, preparati, non digiuni a loro volta degli elementi basici della fede. Essere catechista è una vocazione, è portare all’incontro con Gesù con la parola, con la vita, con la testimonianza. Educare alla fede è bello. . È forse la migliore eredità che possiamo lasciare: la fede.
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