Roma, 15 aprile 2025 – Un modello innovativo per lo studio e la cura delle malattie metaboliche. Sette casi pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Inherited Metabolic Disease. Gli organi espiantati durante il trapianto di fegato, tenuti in vita con apposite macchine di perfusione extracorporea, mantengono inalterate funzionalità e caratteristiche patologiche. Le prospettive: «Dalla sperimentazione di nuove terapie alla riparazione degli organi danneggiati»
Il fegato espiantato da pazienti con malattie metaboliche e mantenuto artificialmente in vita grazie all’uso di apposite macchine per la perfusione extracorporea. Un modello, mai usato prima, che consentirà di comprendere meglio i meccanismi che causano le malattie metaboliche, di sperimentare nuove terapie in maniera più efficace e, in futuro, di guarire fegati malati prima del trapianto o di farli crescere per renderli adatti a pazienti più grandi. L’innovativo metodo è stato messo a punto e testato da medici e ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù guidati dal dottor Marco Spada, responsabile di Chirurgia epato-bilio-pancreatica e dei trapianti di fegato-rene, e dal dottor Carlo Dionisi Vici, responsabile di Malattie metaboliche ed epatologia. La sperimentazione ha dimostrato che i fegati espiantati e tenuti in vita artificialmente mantengono inalterate funzionalità e caratteristiche patologiche. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Journal of Inherited Metabolic Disease.
Le malattie metaboliche e il fegato
Le malattie metaboliche fanno parte delle malattie rare e sono causate da difetti genetici che interessano le vie biochimiche che regolano i processi necessari alla cellula per metabolizzare carboidrati, proteine e lipidi per mantenere il funzionamento degli organi e ricavare energia. Nel loro insieme le malattie metaboliche comprendono oltre 1.500 differenti patologie, la cui diagnosi avviene attraverso test biochimici e genetici. In Italia è obbligatorio lo screening neonatale, che permette oggi di individuare precocemente più di 40 patologie metaboliche trattabili con terapie dietetiche, farmacologiche o con trapianti d’organo. In Italia si stima che nasca un bambino affetto da una malattia metabolica ereditaria ogni 500 nati e, fra le condizioni più frequenti e conosciute, vanno elencate la fenilchetonuria, la malattia di Gaucher e i difetti del ciclo dell’urea.
Il fegato è un organo chiave nel metabolismo umano ed è coinvolto in processi essenziali come la sintesi, la detossificazione e la regolazione dei nutrienti. Il trapianto di fegato o fegato-rene rappresenta una soluzione terapeutica efficace per un crescente numero di malattie metaboliche. Il Bambino Gesù è uno dei centri di riferimento internazionali per il trapianto di fegato. Dall’inizio della sua attività, nel 2008, sono stati eseguiti quasi 400 trapianti epatici, di cui circa 90 come trattamento per malattie metaboliche. Attualmente, circa il 30% dei trapianti di fegato riguarda pazienti affetti da queste patologie. I risultati ottenuti sono straordinari: la sopravvivenza perioperatoria (che comprende la fase preoperatoria, l’intervento chirurgico e la fase postoperatoria) è del 100%, mentre la sopravvivenza a lungo termine per i pazienti con malattie metaboliche oscilla tra il 96% e il 97%.
Uno degli aspetti più importanti è il miglioramento della qualità di vita post-trapianto. “Studi da noi pubblicati dimostrano che i pazienti sottoposti a trapianto non solo vedono risolti molti dei problemi legati alla loro patologia, ma dimostrano anche un significativo miglioramento dello sviluppo intellettivo e una riduzione del carico della malattia”, racconta Spada.
“Abbiamo applicato tecniche avanzate di neuroimaging per misurare lo spessore della corteccia cerebrale e abbiamo riscontrato un aumento dopo il trapianto – continua Dionisi Vici – Ciò dimostra che, riducendo la tossicità della malattia metabolica, il cervello ha la possibilità di svilupparsi in maniera ottimale”.
Un modello innovativo per lo studio delle malattie metaboliche
Lo studio realizzato da medici e ricercatori del Bambino Gesù ha coinvolto 7 fegati espiantati da pazienti affetti da disturbi del ciclo dell’urea (UCD) e acidemie organiche (OA) e che sono stati sottoposti a trapianto epatico per curare la loro patologia. I fegati sono stati mantenuti in vita grazie all’utilizzo di una macchina per la perfusione extracorporea normotermica che ha fornito agli organi espiantati ossigeno e una soluzione contenente globuli rossi umani, plasma fresco congelato, soluzione salina, albumina, nutrienti essenziali, antibiotici, eparina ed elettroliti. Durante la perfusione, sono stati monitorati vari parametri vitali e metabolici, inclusi flussi, pressioni, livelli di lattato e glucosio, produzione di bile e profili biochimici e ematologici.
I risultati dello studio hanno dimostrato che i fegati perfusi mantenevano la loro vitalità, la funzione e i profili metabolici specifici della malattia. Questo modello ex vivo è uno strumento ideale per studiare nuovi trattamenti poiché risponde agli interventi terapeutici in un ambiente “fisiologico” in tutto e per tutti simili a quelli del corpo umano.
“Fino ad oggi, l’unica alternativa era rappresentata da modelli animali o sistemi cellulari che non ricostruiscono la complessità dell’intero organo – spiega il dottor Spada – Il nostro modello colma questa lacuna, consentendo di valutare con maggiore precisione l’efficacia e la sicurezza delle terapie prima della sperimentazione clinica». «Grazie a questo approccio – aggiunge il dottor Dionisi Vici – possiamo comprendere meglio le malattie metaboliche e testare nuovi farmaci mirati alla cura di queste malattie. Il concetto di compartimentalizzazione metabolica diventa fondamentale: ogni organo ha un ruolo specifico e il fegato è un target cruciale per molte terapie innovative”.
Prospettive future: dalla sperimentazione alla rigenerazione
Attualmente, il fegato può essere mantenuto in vita fino a una settimana grazie ai progressi nella perfusione extracorporea. L‘obiettivo del metodo messo a punto dal Bambino Gesù è anche quello di ottimizzare ulteriormente il sistema, aggiungendo funzioni avanzate come la dialisi per prolungare la vitalità dell’organo. “Nel nostro studio, ci siamo fermati dopo 72 ore poiché il modello aveva già dimostrato il suo funzionamento – spiega Spada – Tuttavia, il potenziale di sviluppo è ampio e potrebbe rivoluzionare non solo la ricerca sulle malattie metaboliche, ma anche il campo dei trapianti”.
Le applicazioni di questa tecnologia vanno oltre la ricerca nel campo delle malattie metaboliche. «In prospettiva, si potranno rigenerare porzioni di fegato per essere trapiantati, modificare le caratteristiche immunologiche degli organi per ridurre l’uso di farmaci immunosoppressori e persino curare fegati danneggiati da steatosi epatica per renderli idonei al trapianto. Le potenzialità sono enormi» conclude Dionisi Vici.