Roma, 16 dicembre 2024- Nel nostro Paese, attualmente, oltre 3 milioni di persone sono affette da disturbi del comportamento alimentare. A destare particolare preoccupazione è la quota crescente di giovanissimi interessati, tale da tenere sotto pressione le strutture sanitarie di tutta Italia. Nella Capitale la “Casa di Alice”, servizio dedicato ai DCA nella Asl Rm3 (utenza di 607.800 abitanti), delle 317 valutazioni del disturbo effettuate negli ultimi due anni, il 10% ha riguardato bambini tra i 7-14 anni.
Per offrire una risposta concreta a questa emergenza, dopo una capillare campagna informativa su tutto il territorio regionale, l’Ordine degli Psicologi del Lazio, in collaborazione con la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza del Lazio e l’Associazione Nazionale Presidi, e con il patrocinio del Consiglio Regionale del Lazio, ha presentato il 12 dicembre a Roma il “Progetto FARO”.
L’iniziativa, pensata per sostenere insegnanti, operatori sportivi e psicologi scolastici nell’individuazione precoce e nella gestione dei disturbi del comportamento alimentare, si è svolta in due fasi: inizialmente è stata condotta una vasta indagine nelle scuole e nelle associazioni sportive della regione per raccogliere dubbi ed esigenze di chi lavora con i ragazzi; successivamente, sulla base delle evidenze emerse, un team multiprofessionale di esperti ha realizzato una “help-guide” per chiarire ogni dubbio e offrire una mappa dei centri regionali a cui rivolgersi per questi disturbi. Il testo, in formato digitale, è disponibile sul sito dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, e verrà promosso ulteriormente nei prossimi mesi con una campagna informativa.
In apertura dell’evento la vicepresidente del Senato, sen. Licia Ronzulli, promotrice di un progetto di legge in materia di contrasto ai disturbi alimentari, ha delineato una possibile strategia d’intervento: “Per combattere efficacemente il dramma dei disturbi del comportamento alimentare, la prevenzione è la chiave di volta. È necessario il coinvolgimento di famiglie, scuola, psicologi e operatori sanitari, prevedendo corsi di formazione per fornire le conoscenze necessarie a individuare e diagnosticare in tempo la malattia, come previsto dal mio disegno di legge attualmente in discussione al Senato. Il libro del ‘Progetto FARO’ detta linee di condotta per coloro che sono a più stretto contatto con i giovani. Informare per formare è quindi la parola d’ordine per salvare quanti più malati possibile”.
La sen. Ylenia Zambito, segretaria della Commissione Affari Sociali e Sanità promotrice di un altro testo, ha focalizzato l’attenzione sul tema delle strutture territoriali: “Una nostra indagine sul territorio nazionale ha rivelato che metà delle regioni non ha una rete completa di assistenza per questi disturbi, e i posti letto per ricoveri sono circa 800, l’85% dei quali al Nord. Il progetto di legge che ho presentato punta a garantire un’assistenza territoriale adeguata in ogni regione. La prevenzione è essenziale, da attuare con iniziative di sensibilizzazione nelle scuole”.
La Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, dott.ssa Monica Sansoni, ha sottolineato l’importanza del progetto, aprendo alla possibilità di metterne a sistema le linee operative: “In questi anni dal mio punto di osservazione ho assistito a una vera e propria metamorfosi sociale, con un aumento impressionante di profili social e siti internet dedicati alla promozione di condotte pericolose. Penso che rispetto al tema dei DCA ci sia la necessità di attivare linee guida precise e metterle a sistema, perché il più delle volte quando ricevo delle segnalazioni si è già arrivati oltre il limite. Iniziative come quella di oggi hanno il merito di insistere sulla prevenzione e di promuovere l’aggiornamento su questi fenomeni, che sono in costante trasformazione e richiedono un monitoraggio continuo”.
La dott.ssa Roberta Trincas, dirigente psicologo della ASL RM3 nel servizio per DCA – “Casa di Alice”, ha offerto uno spaccato delle realtà operative presenti sul territorio: “Lavoro in un ambulatorio specialistico dedicato ai DCA all’interno di un CSM e di un TSMREE. Operiamo su un bacino di utenza di 4 distretti, con 607.800 abitanti. Vi ho portato alcuni dati per gettare una luce sull’entità del problema. Negli ultimi due anni abbiamo effettuato 317 valutazioni di questi disturbi e, nel 91% dei casi, si è trattato di donne. Per quanto riguarda la fascia d’età, il 60% rientrava in quella tra i 18-25 anni, il 53% tra i 15 e i 17, il 10% tra i 7-14 anni. In merito alle diagnosi, il 37% è stato di anoressia nervosa, il 20% di bulimia, il 10% di binge eating disorder, il 31% di disturbi alimentari non altrimenti specificati. Questo progetto è estremamente utile perché insiste sulla prevenzione, azione che ci manca molto, anche all’interno delle scuole. E occorre farla con figure formate, perché assistiamo sempre più spesso a soggetti non idonei che danno consigli sul regime alimentare, su come modificare le forme corporee e su molto altro, con conseguenze che possiamo immaginare”.
La dott.ssa Paola Medde, responsabile del “Progetto FARO”, ha fatto un bilancio del lavoro compiuto: “Il progetto che presentiamo oggi è nato circa tre anni fa, in risposta al preoccupante aumento dei casi di disturbi alimentari tra gli adolescenti e preadolescenti. Il nostro obiettivo è stato quello di fornire un supporto concreto non solo a chi presenta il problema, ma anche alle famiglie e all’ambiente sociale che li circonda. La conoscenza delle cause del disturbo ci ha indirizzati prima di tutto verso quelle istituzioni che, quotidianamente, sono a contatto con i giovani e possono coglierne le difficoltà, fornendo risposte tempestive: le scuole e i luoghi di pratica sportiva. I risultati che abbiamo ottenuto ci soddisfano pienamente: puntare su un’alleanza tra esperti del benessere psicologico e chi opera ‘in prima linea’ nei contesti quotidiani frequentati dai ragazzi, è l’approccio più efficace per contrastare una simile emergenza sanitaria e sociale”.
A seguire, i co-redattori della help guide sono entrati nelle pieghe della problematica affrontata. La dott.ssa Stefania Carnevale, componente del gruppo di lavoro di “Psicologia e Alimentazione”, ha evidenziato i punti di forza del progetto: “Il disturbo alimentare è per sua natura una problematica nascosta, negata, di cui si prova vergogna. Anche per questo, il tempo che intercorre tra la sua insorgenza e il primo trattamento tende ad essere molto lungo. La help guide di FARO intende perciò accorciare il più possibile questo intervallo, mettendo in condizione insegnanti, operatori sportivi e familiari di intercettare in tempi più rapidi i segnali di un possibile disagio emotivo. La sezione sui “falsi miti”, poi, vuole contrastare quelle credenze – ad esempio la convinzione che un disturbo alimentare sia da collegarsi esclusivamente a una grave perdita di peso – che concorrono a ritardare la diagnosi del disturbo, con serie ripercussioni sulla prognosi di malattia”.
“Uno degli obiettivi principali del progetto è sostenere le scuole nell’affrontare situazioni di emergenza legate al disagio giovanile e ai disturbi alimentari”, ha aggiunto il dott. Andrea Civitillo, coordinatore del gruppo di lavoro di “Psicologia e Scuola”. “Tuttavia, il nostro impegno non si esaurisce nel rispondere all’urgenza. Il progetto intende aiutare le scuole a costruire contenitori solidi e duraturi, capaci di intercettare i segnali di disagio prima che questi diventino emergenze. Intervenire esclusivamente sulle emergenze può portare a sedare emozioni che si presentano nelle forme più dirompenti, ma un approccio preventivo aiuta a comprenderle e valorizzarle”.
Come ha ricordato la dott.ssa Luana Morgilli, coordinatrice del gruppo di lavoro di “Psicologia dello Sport e dell’Esercizio Fisico”, “l’attività sportiva e l’attività fisica rappresentano per i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, la terza principale agenzia educativa a fianco della famiglia e della scuola. Per questo, al pari del contesto scolastico, anche l’ambiente sportivo diventa un vertice di osservazione significativo per identificare precocemente eventuali sintomi legati ai disturbi del comportamento alimentare. È essenziale quindi che gli operatori sportivi che lavorano con i minori abbiano una formazione e competenze specifiche rispetto a queste tematiche: per intercettare segnali di malessere e, contestualmente, svolgere con maggiore tranquillità e consapevolezza il proprio lavoro”.
La dott.ssa Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Lazio, ha auspicato una maggiore presenza degli psicologi all’interno degli istituti: “La scuola è uno spazio in cui si concentrano ed emergono molte problematiche dei ragazzi, di ogni genere. Talvolta l’insegnante rileva comportamenti preoccupanti ma non sa come intervenire. Per questo è fondamentale che in ogni scuola ci sia una figura di riferimento, uno psicologo, per supportare sia gli insegnanti sia gli studenti. Purtroppo, le amministrazioni mancano di risorse e ciò impedisce che il professionista sia strutturato adeguatamente. Noi auspichiamo che lo psicologo abbia la possibilità di agire su più livelli: sportello d’ascolto per il singolo studente; formazione degli insegnanti e del personale scolastico; progetti nelle classi, ad esempio su temi come il bullismo e la legalità”.
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